martedì 8 ottobre 2013

Sagome

C’è freddo.

- “Perché ridi?”
- “Rido perchè certe cose non si sa mai come vanno a finire. Tramite una strana piazza che da tempo ha migrato verso il blu lasciandosi alle spalle il rosso, si vengono a sapere delle situazioni cosi bizzarre che lasciano sconvolti. Sai, a volte quando ho voglia di tirarmi su e farmi due risate vado a visitare la pagina personale di un prete mio ex conoscente. Così, giusto per ridere su annunci anti-aborto e pro-castità, mica per altro. Insomma, navigo navigo navigo e trovo una sua foto dove abbraccia due ragazzi che frequentano la mia vecchia scuola; sono ambedue vecchie conoscenze, ma uno è stato pure mio compagno di classe. Tutto normale fino a quando come didascalia leggo che ambedue i ragazzi saranno padri entro quest’anno.
Non fraintendermi, è una cosa normalissima farsi una famiglia e non sono nessuno per giudicare chi, come e quando debba essere fatta ma c’è un però.”
- “E qual è?
- “Girando sopra internet si trovano pagine virtuali che inneggiano a delle virtù che credevo fossero state smesse di essere considerate tali. Castità, verginità fino al matrimonio, lenzuola stese fuori dopo la prima notte da sposati. E invece no. Apri gli occhi ed eccole qua, di fronte a te, sopra un monitor. Beh, sul sito di questo ragazzo c’era una di quelle immagini con lo sfondo nero e un primo piano bianco.”
- “Che primo piano?”
- “Una sagoma femminile che, dapprima ritratta come una bambina, finisce disegnata con un bimbo in braccio e la didascalia, citata dallo stesso ragazzo, che diceva: “Ecco come deve essere la vita di una donna”.
- “Triste no?”
- “No.”

Fuori piove.

- “Vuoi un caffè? No davvero, non è triste. E’ normale.”
- “Amaro grazie.”
- “E’ normale come il tempo che scorre e non lo puoi fermare. Non è pessimismo ma l’assimilazione di una realtà che tira dritta per la sua strada e non la puoi bloccare. Un’assimilazione fatta perlopiù da tossine. Una sostanza apparentemente buona e utile ma tremendamente dannosa per noi tutte. Tutti.
Come fai a definire una cosa del genere triste? E’ bella, buona e, scusa il paragone banale, va giù a tutti come la Coca Cola. Non un dissenso. Chi rifiuta la dolce bibita gassata?  Al massimo qualcuno ne chiede mezzo bicchiere.
- “Si, ma fa male lo stesso.”
- “Sì, ma non lo sai fino a quando ti trovi lo stomaco bucato. E scusa il gioco di parole, ma, ingenuamente parlando, è così anche nel caso di quel mio ex compagno di banco. Solo che lo stomaco non sarà il suo.”

La caffettiera borbotta.

- “D’accordo, stiamo dicendo la stessa cosa, ma come hai detto prima non puoi giudicare.”
- “Giusto, non posso giudicare e infatti non lo sto facendo. Ma non stiamo dicendo la stessa cosa. Tu, come tutti, dai preti al mio vicino di casa, parli del “durante” non del dopo. Mai del dopo. Mai della vera cosa triste. “Non abortire che uccidi una vita”, “Non fare l’amore perché è peccato”, “Abito bianco e lenzuola rosso sangue”.
E dopo?

Le gocce sui vetri riflettono i lampioni gialli della strada.

- “E’ stato un bel dopocena Peppe, grazie per l’invito.”
- “Oh, grazie a te Irè, è bello parlare con qualcuno che sa quello che dice.”


Il portoncino di vetro e lamiera si apre sulle basole bagnate. Dietro al petto illuminato da un faro giallo un’ombra. Sfumata, vaga e fumosa, lieve e volatile. Ma un'ombra. Non una sagoma.

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