martedì 10 luglio 2012

A te

 

Io sono sempre stato un paroliere cara creatura. Forse non bravo, addirittura sgrammaticato, ma sempre coerente con me stesso. Sincero. A volte ho pure volato. Sia nella realtà, con un piccolo aeromobile dato nelle mie mani, che con la mia fantasia; a volte anche il mio pensiero è decollato per raggiungere certi posti lontani e in mezzo alla natura.


A sedici anni decisi di dare una svolta alla mia vita, o almeno di provare a cambiarla in meglio, di seguire quella "cattiva" strada che a volte avevo visto come l'unica. E avevo indovinato, avevo vinto la scommessa che avevo fatto contro me stesso. Mi ero imbarcato in un'avventura enorme, immensa, lunga, tortuosa. Bella. E ne ero soddisfatto, felice come un bimbo che gioca con il proprio cagnolino. Avevo trovato tante risposte ai miei dubbi, tante altre paure ma che sono riuscito a risolvere insieme al tempo e ad un paio di splendidi occhi. Proprio questi sono il primo dettaglio che mi viene in mente. Un paio di occhi scuri, profondi, tristi e malinconici ma grandi come quelli di un cavallo. Per me gli occhi grandi sono sempre stati indici di provenienza aliena e ricordo che te lo sussurrai in una notte a mare dentro un sacco a pelo. Già, quei due sacchi di tela unici compagni di quell'unica avventura che abbiamo vissuto fino in fondo, insieme ed uniti anche in quella brutta situazione. Ricordo anche un'altra volta passata al mare, quando ancora portavo il pizzetto e le mie mani erano parecchio pesanti su quella pelle bianca. Le risate erano tantissime, il calore sotto l'acqua del mare pure e le parole, quelle, non mancavano nemmeno allora.

Poi con il tempo, i tuoi occhi guardarono verso altre direzioni, verso il mio orizzonte fatto di palazzoni grigi e strade buie. E ti aiutai a percorrere quella strada, quel fiume in piena che scorreva anche dentro di te. Acqua, risate e chimere. E tutto iniziava a prendere forma, tra l'odore del disinfettante di una stanza nel quartiere brutto della mia città e il fumo di un mozzicone di Toscano lasciato con la sua brace ad ardere in un posacenere. E via. Il fumo ci accarezzava mentre i nostri occhi lacrimavano e si sussurravano parole di libertà di due solitudini forse destinate a conoscersi. A fondersi.

Le mie parole dicevano allora frasi colme d'eternità, di paure, di speranze, di oscenità e di voglia di vivere. E le tue labbra le ripetevano, sempre vicine alle mie. Poi venne l'Estate, il sole secco e aspro che ti prende alle spalle e che cancella tutte le tue ombre, lasciandoti nudo davanti agli occhi di tutti. Proiettando spigoli sul tuo corpo, riflessi di grigi marchingegni e buie persone. E là, la luce propria iniziò a mancare, a mischiarsi con quella di altre creature e di una solitudine sempre compagna del mio cuore. Le parole iniziarono per la prima volta a mancare, ad essere quelle sbagliate. Il mio pensiero non volava più ed io restavo a terra con gli occhi verso il cielo, aspettando quella manna che cascasse da un momento all'altro. Vivere "aspettando", è sempre stata una mia caratteristica, un mio pregio o difetto che ha accompagnato i miei diciotto anni di vita e tutte le persone che mi hanno conosciuto e affiancato. Per te però, anche dopo quell'Estate provai a smettere di nuovo e tornai su quella cattiva strada che avevo percorso un po' di mesi prima, stavolta piena di "sassi, vento e sputi". Il tempo passava e le parole ricominciavano a scorrere sul nostro letto, come il fiume che poco tempo prima si era fermato ed asciugato. Dei sassi c'erano su quel fondale, nelle profondità del "noi"; erano sassi pieni di certezze, delle uniche certezze che ho conosciuto nella mia vita, ed erano stati lanciati da te, donati al mio corpo per aiutarmi ad appigliare un qualcosa. E ancora oggi, due anni dopo, le mie unghie rosse e bagnate di un altro tipo di acqua, di altri occhi, sono là. 
E se il fiume nella fonte non sgorga più, nella mia foce arriva ancora, con dei rivoli spumosi e freschi. Forse la fonte ora è la speranza che tempo fa avevo colto e deciso di far entrare nella mia vita, forse la speranza di vedere qualche stupido cambiamento, di risentire delle parole e di rivedere quei due burroni marroni ultimamente troppo colmi di acqua. E se le mie parole un'altra volta, prendono il posto dei fatti, di quelle stupide azioni che per schema mentale imposto dall'alto, devono venire prima dall'uno o dall'altro chiedo scusa. Ma sono l'unica cosa che mi è sempre stata accanto, anche quando suonavo sula mia Giuliana le note della prima canzone che ti dedicai.
E se le mie parole, se anche queste parole ti sembreranno insulse, false, meschine, ignoranti e egoiste come chi le sta mettendo in fila, chiedo nuovamente scusa, ma a loro mi "appendo" prima di salutare una vita che tra pochissimo prenderà un'altra via, un'altra strada forse senza mai un ritorno, con la speranza non di farmi rivedere un sorriso bellissimo ed indimenticabile, ma con la speranza e l'illusione che voglio mantenere nella mia vita intatta nella mia piccola vita, di farti vedere me con gli stessi occhi che mi hanno accolto su quella cattiva strada.

La speranza che i miei occhi siano quelli felici di vederti, felici e pieni solo di una persona che mi ha dato tantissimo. Con la speranza di riuscire a ricordarti con quel sorriso davanti all'ascensore per il tuo compleanno. Con la speranza di averti dato almeno una stupida emozione. Con la speranza che vivrai una vita bellissima, più felice della mia e colma dei tuoi sogni che vedrai realizzati ad uno ad uno. Con la speranza che ricorderai le mie unghie bagnate su quelli scogli che rimarranno sempre in quel nostro fiumiciattolo. Con la speranza di ascoltare e vivere ancora tante cose insieme, come facevamo un tempo, alla faccia di chi non voleva. Con la speranza che ho avuto grazie a te, con la voglia di vivere che mi hai dato. Con la speranza che quel fiume non si placherà mai.

 A te "C" ~ Per sempre

Nessun commento:

Posta un commento