mercoledì 29 maggio 2013

Zingari felici

Chi era Amilcare Rambaldi?

Forse molti di voi non hanno mai sentito questo nome. Forse molti di voi non conoscono la sua creatura, il Club Tenco. Il vecchio Club Tenco. Forse molti di voi non sanno che faccia aveva e come incominciò il suo percorso, e, soprattutto, a cosa portò.
Ho una foto appesa sopra il mio computer che lo ritrae insieme a Fabrizio de Andrè, e, poco più in là, ne ho un’altra dove è seduto a cena insieme a Roberto Vecchioni, Capossela, Bertoli e Guccini. Poi, un po’ più sotto, ho un ritratto di Claudio Lolli mentre canta Anna di Francia al Premio Tenco del 1982…
Cosa c’entra quest’ultima foto?
Claudio, cantautore sempre emarginato dalla folla. Da sempre escluso dai cori di voci ben più famosi e ben più proficui in termini monetari. Dal 1972, anno in cui Claudio pubblicò il suo primo disco, “Aspettando Godot”, ne è passata di acqua sotto i ponti ; ne sono passati di versi nei nostri giradischi o mangianastri. Forse, di questo splendido album, i più ricorderanno il pezzo omonimo tratto dall’opera di Beckett, o, più probabilmente, il pezzo che lo ha iniziato ad inimicare proprio agli occhi dei più: Borghesia. Canzone per antonomasia contro il Sistema, anzi, contro quelle piccole maglie di tessuto che rendono la nostra società resistente come un filo di nylon.
L’opera di Claudio Lolli però, non si fermò alle prime difficoltà portate da questo disco, anzi, consapevole di ciò, l’autore proseguì sulla stessa strada, sfornando due capolavori: “Un uomo in crisi” e “Canzoni di Rabbia”. Due titoli che già dovrebbero dire tutto sulla vena artistica di uno dei più grandi uomini che abbiamo in Italia. Ma, si sa che popolo siamo, e così, con la stessa superficialità che portò la gente ad escludere a priori dalle proprie case un disco come “Aspettando Godot”, anche questi due furono processati ed isolati, proprio come Claudio, che fu etichettato dai vocabolari popolari, come “lo jettatore”, colui che porta sfiga ed è buono solo «se suonato» - come mi disse un giorno un mio “professoricchio”, «alle veglie funebri».

Ma con questo articolo non voglio fare di Claudio una vittima, né, tantomeno, un carnefice del proprio male. Tutt’altro.
All’inizio ho citato il Club Tenco, quello di Amilcare, quello partorito dalla mente di un semplice venditore di fiori; quello costruito, pietra su pietra, da uno che dei fiori aveva tutto nel cuore: odori, colori e allegria. Il progetto fu semplice: progettare una rassegna, una serie di concerti, che promuovessero la musica italiana d’autore, quella più sconosciuta e che, sicuramente, un palcoscenico ipocrita come quello di Sanremo, non avrebbe mai ospitato. Proprio questo nome non l’ho citato a caso, dato che nel lontano 1972, per volere di Amilcare e cinque anni dopo la dipartita di Luigi Tenco, fu creato il Club omonimo del “compositore”.
Citando però un grande cantautore che portava il nome di Fabrizio de André, tocca dire che: “Come tutte le più belle cose, vivesti solo un giorno come le rose”. Gli anni passarono, i nomi transitarono uno dopo l’altro su quel palco. I paragoni con il grande Folkstudio romano si sprecarono e, dopo artisti dal calibro di Guccini, Vecchioni, Capossela, Lolli, Siviero, Pelosi e la morte di Amilcare, il Club Tenco assunse ben altre forme che non starò qui a dirvi.

Oggi, 2013, cosa c’entra la foto di Claudio al Tenco?

Durante gli anni di Amilcare la presenza di Claudio sul palco non era soggetta a nessuna sorta di restrizione, poi, piano piano e per vari problemi, fu “gentilmente” eliminato dalla rassegna, così come quasi tutti i nomi citati prima. Così come, a mio umile parere, la vera canzone d’autore italiana.

Oggi, nel caldo Maggio del 2013, sono qui a scrivere queste parole per quella gente, allora come oggi ragazzi, che non fece mai parte di quella “folla” che isolò Claudio e la vera musica d’autore. Parlo di Clark e jeans consumati, parlo di capelli lunghi e gonne colorate, parlo di impegno. Parlo di voglia di vivere, e non, della moda di vivere; parlo di lotte fatte per lottare, e non, di lotte fatte per moda; parlo di vecchi, giovani, adulti, ragazzi con i loro culi poggiati in piazza a terra a suonare la chitarra, e non, di giovani invecchiati, vecchi nostalgici, adulti imborghesiti e ragazzi conformemente alternativi con la chitarra in mano e gli accordi da leggere sull’iPhone. Parlo della costanza, sorella dell’umiltà, che ancora oggi in tante persone che vanno a vedere Claudio cantare, brilla nei loro occhi. Parlo di quella gente che c’è, ma, viene nascosta. Parlo di quella gente che, quarantuno anni dopo quel semplice giro fatto di Mi minori, Si minori e uno splendido assolo di chitarra creato da Claudio Lolli, ha il coraggio di chiamarsi “Zingari” e, ancora più, di definirsi: “Felici”.
Forse è un’umanità in via d’estinzione, forse, invece, in via di espansione. Forse ha smesso di esistere e non me ne accorgo, oppure, è sempre esistita; o forse, invece, è vestita di passato ma copre i cuori dei giovani di sempre, di ogni età: la mia, la tua, la vostra.

E allora siamo giunti alla fine. Perché ho quella foto di Claudio sotto Amilcare? Non perché fu l’unico nella gerarchia del Tenco ad accoglierlo, e nemmeno per nostalgia, ma, perché è un ponte che collega il passato al futuro. Al presente. E quindi, voi che siete qui a leggere questi due fogli di carta, o voi che li potrete leggere su un computer, vi dico solo una cosa, e non prendetela come un dettato fatto da un diciannovenne presuntuoso,  siate Zingari, non importa se incazzati, tristi, rabbiosi o vendicativi; siate zingari, la felicità arriverà. La felicità è dentro di noi, basterà farla uscire, come in queste oasi di musica dove ascoltate cantare un cantautore. Dove le parole di “Anna di Francia,” brilleranno negli occhi della vostra compagna, dove le parole di “Quelli come noi” si muoveranno dentro lo stomaco, dove la chitarra dolce e lieve che accompagna “Primo Maggio di Festa” vi farà commuovere per un passato che, solo se vorremo, sarà di nuovo futuro. Presente. Il nostro presente.


Oggi, l’Associazione fondata da Pino Calautti, “Aspettando Godot”, promuove l’attività ideata quarantadue anni fa da Amilcare. I tempi sono diversi, la passione, no. Sfidando i giochi del potere, i boicottaggi organizzati dai più e, soprattutto, la paura delle piccole realtà isolate ancora aggrappate a vecchi ricordi nostalgici, l’Associazione Culturale è riuscita a far rinascere la canzone d’autore in Italia.
No, rinascere non è un termine esagerato, né, tantomeno, sbagliato. I semplici accordi conditi da parole tutt’altro che banali, ci sono sempre stati, è vero, ma da decenni, come in una parabola matematica, dopo il picco di massimo successo, è scesa nell’abisso più profondo dell’indifferenza. Dell’ignoranza. Qual’è la differenza? E’ una, ed una sola: la matematica non è un opinione e quindi, non deve affrontare le coscienze personali per essere risolta; la musica, d’altro canto, è tutt’altro che fredda e impersonale, ed è stato questo l’ostacolo più grande e difficile da sormontare.

Dalla creazione dell’Associazione Culturale-Musicale “Aspettando Godot”, sono passati ormai due anni che, considerando i successi ottenuti, sono tantissimi, malgrado i semplici conti analitici facciano pensare il contrario. Da una desolazione colmata da radio commerciali e da Festival ipocriti e bigotti, Pino, armato della sua sola passione e del supporto morale dei sostenitori, è riuscito a ripresentare agli italiani, da Nord a Sud, i cantautori allora spariti. Ed allora si parla di Claudio Lolli, che, seppur tornato autonomamente sui palcoscenici d’Italia, insieme al fido chitarrista Paolo Capodacqua e al grande sassofonista Nicola Alesini, ha offerto la sua partecipazione per l’Associazione. Un trattato di pura simbiosi. Di pura solidarietà umana prima che artistica. Poi arrivarono i raduni nazionali dove, tutti gli appassionati della musica d’autore fin’ora conoscenti solo sul web, si sono potuti incontrare nelle piazze reali. Parlo di Campiglia Marittima il 2 Ottobre del 2010, parlo di Soriano Calabro nel profondo Sud nel Maggio del 2011; parlo della bellissima Rassegna Musicale in ricordo di Fabrizio de André, svoltasi nel Marzo del 2012…
Tantissimi eventi, tantissime partecipazioni, tutto –da ricordare- autofinanziato e senza nessun, o quasi, supporto da parte di esterni.

Ora, a Linguaglossa nel 2013, due anni dopo la creazione di questa creatura, mi viene da dire solo una parola: Grazie.
Grazie a chi ha usato il suo tempo per leggere questi fogli di carta; grazie a chi ha deciso di associarsi all’Associazione di Pino sapendo che è un atto puramente simbolico, d’aiuto non per ella stessa, ma, solamente per chi fa parte di questo mondo; grazie anche a chi non ha deciso di associarsi ma, leggendo queste quattro parole magari avrà voglia di informarsi su questo progetto…
Grazie ad Amilcare Rambaldi che ha dato il via a tutto questo, senza immaginarsi (anche se ho i miei dubbi…), che tutto sarebbe andato avanti anche quando lui non ci sarebbe più stato.
Grazie a voi.
Grazie a Pino Calautti, che, come dissi presentando il concerto di Claudio ad Acitrezza nel 2012, secondo me ha raccolto l’eredità lasciata da Amilcare. Ha raccolto un sogno che rischiava di essere interrotto per sempre.


Grazie a tutti… “Quelli come noi”.

Ludo 
-01 Giugno 2013-

Cell: 3342449244


Nessun commento:

Posta un commento